domenica, aprile 18, 2010

Grandi aperture e alta risoluzione.


Possiedo il 60 cm da circa un pio di mesi e ho avuto modo di usarlo circa una mezza dozzina di volte in alta risoluzione. In un paio di queste occasioni ho anche fatto dei report osservativi: il 3 marzo (link) e il giorno 8 aprile (link).
Allego una fotografia del 15 febbraio (il telo paraluce era corto ma l'ho allungato). Il confronto con il GSO 8" parla da solo.

Dopo circa 6 osservazioni in alta risoluzione credo sia il momento di fare un primo bilancio. Le notti rappresentano nell'insieme una situazione di seeing tipico e nessuna di seeing particolarmente buono (lo sarebbe stato il 23 gennaio, quando ho osservato a 480x nel GSO). Il seeing migliore è stato probabilmente l'8 aprile, ma sfortunatamente (come spiegato nel report) la batteria della ventola era mezza scarica. Con questo voglio dire che si tratta quindi di prestazioni "medie" o tipiche e non di casi eccezionali, che tengono conto del seeing medio e di condizioni anche non perfette di uso.
La notte migliore, nonostante la ventola scarica, è stata forse l'8 aprile. Non ripeto la descrizione delle cpose osservate. Voglio solo fare un bilancio e alcune considerazioni in merito alle condizioni che se soddisfatte consentono di usare una grande apertura in altissima risoluzione.

L'ultima notte, il 14 aprile, ho messo di nuovo a fianco il GSO, per valutare un po' meglio il vantaggio della grande apertura. Il GSO si poteva usare su Saturno a circa 240x (da confrontare con i 480x del 23 gennaio per avere una idea della qualità del seeing rispetto alle condizioni migliori). Il 60 cm non aveva problemi, da subito, a sostenere ingrandimenti dell'ordine di 400x. Con l'andare del tempo lo strato limite sullo specchio si assottigliava (mano a mano che lo specchio andava in temperatura) e la visone migliorava ancora. La differenza più evidente era che il Saturno nel 8" a 240x sembrava piccolo e buio, mentre nel 60 cm era grande e chiaro. Le dimensioni e la chiarezza portavano con se colori e la possibilità di distinguere una infinita variazione di tonalità nelle calotte. Senza colori e a piccola scala (240x) le calotte del pianeta erano vagamente striate, ma con i colori e grande il doppio la calotta si risolveva in una serie di strisce dai colori che andavano dal giallo al bluastro una e con una striscia arancione l'altra (che era la banda più evidente anche nel 8").
Ovviamente questa descrizione, fatta di solo aggettivi, non riesce a rendere una percezione quantitativa in chi legge. Qualcuno potrebbe dire che anche lui vede "molto colorato" o "secco, netto e marmoreo" e non ci sarebbe alcuno modo di sapere "quanto" secco e marmoreo.
Per dare quindi una idea più oggettiva della qualità delle immagini che si ottengono con una grande apertura descrivo quindi la visione di Titano, il giorno 8 aprile. Il satellite, quando lo specchio si era abbastanza acclimatato, appariva come un dischetto di dimensione apprezzabile (e di un bel colore arancione). Gli altri satelliti, vicini, erano nettamente più puntiformi. Per valutare bene il senso di questa osservazione riporto in scala il disco di ariy di una apertura di 15 cm e il diametro di Titano.

Titano ha un diametro apparente di 0,8". Anche un telescopio di 15 cm ha una "risoluzione" secondo il criterio di Rayleigh di 0,8". Tuttavia occorre ricordare che la "risoluzione" secondo Rayleigh è pari al raggio che va dal centro del disco di Airy al primo minimo nell'anello nero (fra il disco e il primo anello di diffrazione). Se una sorgente puntiforme si trova a distanza di 0,8" d'arco, finisce per essere in corrispondenza all'anello buio e quindi "risolvibile, ma questo ovviamente si riferisce alla possibilità di separare due sorgenti puntiformi ed è altra cosa rispetto alla possibilità di vedere realmente il diametro di un dischetto. Il diametro complessivo del disco di Airy, infatti, è pari a 1.6" (al minimo di luce dell'anello nero). Come mostra la figura Titano è tutto ben contenuto nel disco di Airy. Ne segue che con una apertura di 15 cm per vedere Titano con un diametro apprezzabile è necessario ingrandire al punto che anche le stelle hanno un diametro anche più grande. Vale a dire che non è possibile vedere Titano come un dischetto e al tempo stesso stelle puntiformi. A dirla tutta, non è nemmeno vero che si possa vedere Titano realmente come un dischetto, perchè quello che si vede è solo un ingrossamento del disco di Airy.
Invece nel 60 cm Titano era un dischetto diverse volte più grande degli altri satelliti. E stiamo parlando di una situazione di seeing tipico (sei notti scelte senza nessuna particolare selezione nell'arco di due mesi).
Questa osservazione, che chiunque potrebbe provare a riprodurre, ovviamente sfata in maniera definitiva l'idea che che più di 15-20 cm di apertura non sia possibile sfruttare. Nessun 15-20 cm può mostrare Titano come un disco e al tempo stesso le stelle più piccole.

Ma... c'è un ma. Che cosa serve per poter raggiungere questo risultato?
1) Per prima cosa serve un'ottica di buona fattura. In particolare non deve avere bordo ribattuto e non deve essere rugosa. Entrambe le cose diffonderebbero la luce riducendo anche molto il contrasto. Questi difetti si possono produrre in lavorazioni fatte con tempi stretti. Ottiche molto lisce ne ho viste solo nelle migliori produzioni artigianali, lavorate con estrema lentezza e prolungando la fase di lucidatura molto a lungo (consiglio di leggere il gruppo Yahoo di Zambuto). Per il bordo ribattuto la questione è diversa, nel senso che anche alcune produzioni artigianali per altro lisce possono capitare con bordo ribattuto. Da notare che si tratta di due difetti che non sono facilmente visti con un interferometro.
2) Controllo termico. Il controllo termico è essenziale. Occorre costantemente verificare (sfuocando in intrafocale) lo stato delle celle convettive (link). Per l'estrazione dello strato limite uso un sistema come questo (link, altro link). Allego un paio di foto del sistema che è attualmente installato sul 60 cm.


3) Oculari. Questa in un certo senso è una sorpresa. Ripensandoci avevo già intuito qualche cosa, ma solo il 60 cm mi ha permesso di rendermene conto. Nell'ultima serata (il 14 aprile) ho usato diversi tipi di oculari e mi sono accorto che i Nagler tipo 6 producono delle sbordature di luce e degli effetti cromatici fuori asse che non sono visibili in telescopi più piccoli. A dirla in maniera più esatta, a 420x, 1,5 mm pupilla di uscita il Nagler 7 mm tipo 6 mostra degli effetti di luce simili a quelli della turbolenza (bordi non netti e bordi ricalcati di luce). In telescopi più piccoli a 1,5 mm di pupilla di uscita questi contorni di luce li avevo sempre notati, ma avevo sempre attribuito erroneamente l'effetto al fatto che l'immagine fosse "troppo luminosa e troppo piccola". Di tutti gli oculari il Nagler è quello che mostrava questi effetti in maniera più evidente, ma anche gli altri ne erano soggetti: l'ETHOS 13 e i Pentax mostravano effetti simili ma in misura meno apprezzabile. Curiosamente il Burgess da 5 mm da questo punto di vista andava meglio (o forse era favorito dal fatto che a 5 mm la pupilla di uscita di 1 mm cominciava a nascondere i bordi di luce). Fuori asse solo l'ETHOS e i pentax non introducono coma. La cosa sorprendente, però, è stato il risultato ottenuto con un pentax 21 con barlow 2,8x (400x come il Nagler 7): nessun bordo di luce. Immagine molto "secca" a 400x. La mia interpretazione è che gli oculari siano stati disegnati per telescopi di diametro inferiore e meno luminosi, e che la maggiore raccolta di luce metta in evidenza "difetti" che non possono essere nemmeno considerati tali, visto che un oculare è un perfetto bilanciamento di diversi requisiti e che sarebbe poco sensato ottimizzare gli oculari per i telescopi meno frequenti. La barlow, ovviamente, stringe il fascio ottico e rilassa lo stress per l'oculare. Nel confrontare strumenti più o meno aperti e più o meno grandi occorre quindi tenere conto che anche ottimi oculari potrebbero essere finiti in un campo di uso per il quale non sono ottimizzati (prima di passare alle conclusioni)